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Che bambola: Storia della canzone

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Che bambola

1956, F. Buscaglione-L. Chiosso, Ed. Melodi


Nel 1956, in America regna già "The King", Elvis Presley. In Italia, sul trono c'è il "Reuccio" Claudio Villa.

Le alternative sono Gino Latilla, Tonina Torrielli, Giorgio Consolini… Soltanto Renato Carosone, in questo periodo, va in una direzione opposta a quella del "bel canto all'italiana".Ma mentre nella sua solare Napoli il geniale musicista sorride di chi vuol "fa' l'americano", nell'austera Torino un suo collega innamorato del jazz sta per riportare l'America in Italia. E non solo l'America della musica: quelle che arrivano tramite le sue canzoni sono soprattutto atmosfere, immagini mutuate dal cinema USA, che era stato pressoché ignorato dall'immaginario dei nostri parolieri quando negli anni '30 il jazz era arrivato in Italia. E proprio come un divo del cinema, Ferdinando Buscaglione sta per entrare in una parte che non abbandonerà più, quella del "duro" che ha il "Whisky facile", guida macchine veloci e rifiuta i baci di Ava Gardner (cfr. "Il dritto di Chicago").

Con un'aria da Clark Gable della Mole, Buscaglione - fino ad allora violinista eccellente e autore di brani per Gino Latilla - si decide a far suonare alla sua orchestra, gli Asternovas, un brano scritto con il suo amico di sempre: Leo Chiosso. Che ricorda come "una sera, al Faro Club di via San Massimo, dove suonava i suoi soliti lenti per le coppie che ballavano, improvvisamente Fred attaccò la canzone che avevamo fatto in un giorno: e fu subito una liberazione, un immediato successo". I fiati, dominati dalla tromba in sordina, attaccano un pezzo che, nelle prime battute, sembra percorso da una scossa elettrica. E' uno swing galoppante, che rallenta la corsa nel momento in cui Fred comincia a raccontare la vicenda contenuta nella prima 'criminal song' della musica leggera italiana.

Abituati ad un repertorio confidenziale, da crooner, fatto di lenti sui quali le coppie si lasciavano andare a composte trasgressioni, gli stessi musicisti paiono sulle prime un po' smarriti. Ma presto vengono travolti dal ritmo: suonare quel brano è un vero divertimento. Lo sarà anche per gli italiani, un milione dei quali si precipiterà ad acquistare il disco "Che bambola", decretando la nascita della "star" Buscaglione.


Nascita della canzone

Finita la guerra, Ferdinando Buscaglione, capo orchestra nei locali di Torino, dava sfogo al suo talento di violinista jazz innamorato di Joe Venuti e Stephàne Grappelli.

Ma nonostante la passione per la musica americana, i suoi scrittori preferiti in quel periodo erano Cesare Pavese e Vasco Pratolini. Un bel giorno Leo Chiosso, l'amico di sempre, con cui tentava di raggiungere il successo scrivendo canzoni (una delle quali era stata incisa da Gino Latilla) gli passò i romanzi di Damon Runyon, l'autore di "Bulli e pupe". Racconta Chiosso: "Noi cercavamo di imitare gli americani, ma soltanto dopo aver letto il romanzo di Runyon e le sue storie di gangster scalcinati intuimmo la nostra strada. Fu Fred a capire che mentre in quei libri si parlava delle pupe e dei gangster, noi dovevamo pensare alle commesse della Standa. Così, quando un giorno mi canticchiò al telefono un motivo, io pensai a una commessa dell'Upim che imitava Marilyn Monroe, e mi venne la folgorazione".
Un'altra "folgorazione", questa volta giunta in sala d'incisione, fu quella del fischio, il primo mai registrato in un disco italiano. A tale già "rivoluzionario" effetto sonoro, alla fine del brano vennero aggiunti altri rumori praticamente sconosciuti alla canzone di allora: un tripudio di petardi, piatti da banda e addirittura un orologio a cucù celebravano il bizzarro amore scoccato tra il protagonista e quello splendido "mammifero modello 103". Da quel momento, lo stile di Buscaglione avrebbe previsto piuttosto spesso l'impiego di simili espedienti per rendere più vitali le canzoni, rendendole sempre più simili a palpitanti "film" sonori.


Le "bambole" italiane

Nonostante il piglio da "macho", il personaggio cui Buscaglione dà voce è in realtà tutt'altro che un "duro" con le donne. A partire dalla prima, il "mammifero modello 103" di "Che bambola": basti pensare che dapprima manda al tappeto il maschio importuno con energia degna di "Rocky, il gran campion". Dopo di che, mossa a "compassion", la maggiorata lo sorregge pentita... Ma in fin dei conti, è sempre lei a tenere in pugno la situazione. Dopo di lei verranno Teresa, che punta il fucile sul marito, seguita dalla fumatrice incallita (e, alla fine, assassina) di "Eri piccola", ed altre bellezze "criminalmente belle", cui Buscaglione chiede disperato di "Non partir" o, quanto meno, "non sparare". Anche se Leo Chiosso ha rivelato che ha ispirare le "donne fatali" del loro repertorio sono state più le commesse dell'Upim che le dive hollywoodiane, è evidente che dietro al ghigno da rubacuori Buscaglione sorrideva dei primi segnali di cambiamento della società italiana anni '50: la donna non era più la remissiva sposa, moglie e madre di un tempo, ma diventava protagonista del rapporto sentimentale, e si faceva largo nel mondo - con lo spirito di iniziativa, le curve, i pugni, e persino le armi.


L'aiuto del "vecchio" Latilla

La spregiudicatezza musicale e personale del cantante torinese inquietò la Rai dell'epoca: non va dimenticato che nel 1955 Sanremo aveva premiato Claudio Villa con "Buongiorno tristezza" - e l'anno prima la straziante "Tutte le mamme" cantata da Consolini e Latilla. A partire proprio da "Che bambola", l'ente di Stato avrebbe accuratamente emarginato le canzoni di Buscaglione. Ma d'altra parte nemmeno i suoi discografici riuscivano a concepire come un genere musicale così diverso da quello in voga potesse interessare al pubblico. Curiosamente, fu l'interprete di alcune tra le canzoni italiane più melodrammatiche, Gino Latilla (che solo nel 1954 aveva vinto a Sanremo con "Tutte le mamme") a credere nel "duro" Fred e a permettere che la sua musica arrivasse al grande pubblico. Latilla, che aveva inciso un brano di Buscaglione e Chiosso intitolato "Tchumbala-bey", parlò di lui al commendator Trinelli, direttore generale della Cetra, appassionato di musica lirica, non propriamente disposto a digerire le diavolerie del cantante torinese. "Ma quello lì tutt'al più è buono per cantare a Porta Palazzo!", esclamò Trinelli. "Ed io dovrei fargli incidere dei dischi per la mia etichetta? Latilla, tu sei tutto matto!". Ma Gino insistette ed arrivò a concludere un contratto capestro che, tuttavia, si rivelò fondamentale per la carriera di Buscaglione. Le clausole prevedavano che Fred incidesse qualche motivo per la Cetra, e che Latilla si impegnasse all'acquisto di almeno duemila copie per ogni 78 giri. Da quel momento il baule dell'auto dello "sponsor" Latilla si riempì di vinile, tanto da causargli problemi addirittura con la stradale. "Una sera la polizia mi fermò perchè avendo la macchina piena di dischi, i fari anteriori andavano fuori centro e picchiavano in alto". Grazie al suo aiuto e ai nuovi marchingegni chiamati "juke-box", "Che bambola" arrivò al pubblico. Che ne acquistò 980.000 copie.


Gli autori

Autori di "Che bambola!" sono Fred Buscaglione, per la musica, e Leo Chiosso, per le parole.

La vita di Leo Chiosso, autore di canzoni celeberrime (si pensi a "Parole, parole, parole", "Torpedo blu", "Montecarlo"), e di un'infinità di programmi televisivi, tra cui "Canzonissima" del 1962 con Dario Fo e Franca Rame, è fortemente legata a quella di Fred Buscaglione. Amici già in tenera età, i due furono separati dalla guerra ("ero deportato in Polonia, lui in Sardegna prigioniero degli americani: un giorno alla radio gli fecero suonare un pezzo e capii che era ancora vivo"). Al ritorno del musicista a Torino i due cominciarono a scrivere canzoni. Fu proprio grazie a "Che bambola" che, nel 1956, Fred Buscaglione diventò rapidamente "divo".


Gli interpreti

Fred Buscaglione:

Nato a Torino nel 1921, Ferdinando - Fred - Buscaglione frequenta il Conservatorio Giuseppe Verdi: per pagarsi gli studi, suona il contrabbasso e il violino in piccole formazioni locali, esibendosi ogni tanto anche come cantante. Durante la guerra, viene catturato dalle truppe americane e si ritrova in Sardegna - dove il suo talento viene notato dai "carcerieri", che lo fanno suonare con la band che trasmette dalla radio alleata di Cagliari. Finita la guerra torna a Torino e si rimette a suonare in giro per il nord Italia - ma è a Lugano che incontra l'amore della sua vita, la contorsionista algerina Fatima Robin. Il vecchio amico Leo Chiosso lo convince a scrivere canzoni insieme: una di queste, "Tchumbala-bey", nel 1953 diventa un piccolo successo grazie all'interpretazione del concittadino Gino Latilla, che diverrà il suo pigmalione discografico. Nel 1956 il brano che dà la svolta alla sua carriera: "Che bambola", che vende 980mila copie senza, praticamente, alcuna promozione pubblicitaria. Buscaglione diventa una star e impone uno stile da "duro" colmo di ironia e swing: lui e il suo gruppo, gli Asternovas, diventano l'attrazione più contesa dai locali italiani.
Fred, sempre in team con Leo Chiosso, inanella una serie di successi: "Teresa non sparare" (1957), "Eri piccola cosi'" (1958), "Love in Portofino" e "Guarda che luna" (1958), viene chiamato dal cinema (memorabile il film "Noi duri") e dalla pubblicità (alla Pasticca del Re Sole mormora: "E pensare che eri piccola così"…). Ma proprio come un divo americano, la notte del 3 febbraio 1960 il 38enne Buscaglione va a schiantarsi contro un camion con la sua Thunderbird rosa in una strada di Roma. E' una notte storica per il costume italiano: poche ore prima è stato proiettato "La dolce vita" di Fellini - secondo alcuni, i due eventi simboleggiano la fine degli anni '50, e l'inizio dei '60.

Altri interpreti:
Mina


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