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Nessuno mi può giudicare: Storia della canzone

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"Io canto come mi sento ed evidentemente come ai giovani piace in questo momento. Io cerco, quando canto, di dare una scossa, una reazione" (Caterina Caselli, 1966)


Nessuno mi può giudicare

1966, M.Panzeri - M.Del Prete - L.Beretta - D.Pace, Ed.Sugarmusic


Dopo aver debuttato a Castrocaro nel 1963, Caterina Caselli pubblica il primo 45 giri ('Ti telefono tutte le sere') nel 1964. Vende pochissimo, tanto che l'etichetta MRC evita di pubblicare un secondo disco già pronto ('Mi sento stupida'). Nel 1965 passa alla CGD ed è scritturata dal Capriccio di Roma con il suo gruppo, Gli Amici; partecipa al Cantagiro con un brano rhythm'n'blues dei Them, 'Babe please don't go', tradotto in 'Sono qui con voi'. Ricorda la cantante: "Era un brano troppo avanti, solo gli addetti ai lavori erano colpiti e venivano sotto il palco a sentirla. Cantare col basso poi era difficilissimo. Insomma, perdevo sempre. Mi suggerirono di cambiare stile - ma mettevo i pantaloni, e perdevo. 'Prova con la gonna'. Ma anche con la gonna perdevo. Mi spiaceva soprattutto per la CGD: puntavano su di me, ed io collezionavo figuracce. Mia mamma diceva che lavoravo troppo, ma io avevo un chiodo fisso: arrivare, arrivare al successo. Se ci ripenso oggi, mi stupisco della volontà che ho avuto: fare sacrifici è normale, ma io li ho affrontati a 15 anni. In famiglia si lavorava duro, io aiutavo mia madre, ma non sopportavo l'idea di fare la magliaia come lei: io volevo cantare".

Oltre alle serate al Capriccio, la cantante si esibisce al nuovissimo Piper, che di lì a poco lancia anche Patty Pravo, e poi all'Intra's Club di Milano. Alla fine del 1965 la CGD le dà la possibilità di cantare a Sanremo, con una canzone appena scartata da Adriano Celentano. L'esito è travolgente: Caterina Caselli si rivela il personaggio giusto, con la canzone giusta, al momento giusto. Con un vestito azzurro ("molto da brava figliola"), la semisconosciuta ventenne di Sassuolo sale sul palco ("con molta incoscienza e non moltissima emozione: mi divertivo") e dà vita a un'esibizione che sembra testimoniare al tempo stesso l'inquietudine e la vitalità dei suoi coetanei. Secondo Gianni Borgna, autore della "Storia della canzone italiana" (Mondadori), "La sua caratteristica è di essere non più soltanto una cantante adolescente, ma anche una rockettara, esponente di punta del beat più duro: a quel punto degli anni '60 la prima caratteristica non sarebbe più sufficiente". L'esibizione scuote il Festival, portandovi di prepotenza la ventata di una nuova generazione, che a ritmo di shake lancia uno slogan senza compromessi: 'Nessuno mi può giudicare'. "Il titolo della canzone fu molto importante, lo si poteva separare dal testo - ma anche quest'ultimo conteneva un messaggio forte, per l'epoca, perché era cantato da una donna", commenta oggi l'interprete. Non a caso, l'interpretazione del partner maschile della Caselli, la star americana Gene Pitney, viene letteralmente oscurata. La canzone arriva seconda al Festival, che viene vinto da 'Dio come ti amo', cantata da Domenico Modugno e Gigliola Cinquetti.

"Il secondo posto a Sanremo mi faceva piacere, ma già il giorno dopo la finale pensavo a riprendere la vita di prima. In ogni caso, in settimana capitai in un negozio di dischi, e provai a vedere se c'era il mio disco. Ma non lo trovai. Allora andati in un altro. E poi in un altro. Ma non trovavo mai 'Nessuno mi può giudicare'. Telefonai alla CGD, chiedendo come mai a Modena i miei dischi non fossero arrivati. Mi risposero: 'Signorina, sono andati esauriti in tutta Italia. Stiamo stampando i suoi dischi anche di notte'. Non riuscivo a immaginare una faccenda del genere. Mi ci volle molto tempo per farmene una ragione".
Subito dopo il Festival, il 5 febbraio il brano entra in classifica al n.7. In vetta c'è la canzone vincitrice, 'Dio come ti amo', nella versione di Domenico Modugno. Ma il 12 febbraio, 'Nessuno mi può giudicare' va al n.1. Ci resterà fino al 30 aprile, negando costantemente (e un po' sadicamente) il primo posto al 'Ragazzo della via Gluck', la canzone per la quale Celentano l'aveva scartata, firmata dai medesimi Beretta e Del Prete. La prima settimana di maggio, la numero uno sarà 'Michelle' dei Beatles.

"Anche dopo i consensi ottenuti a Sanremo nessuno pensava a un simile seguito. Io volli onorare il mio contratto e mi esibii per quindici sere al Capriccio, in cambio di 1500 lire che dovevano bastarmi per mangiare e dormire in una pensione. Potevo permettermi un pasto al giorno, che rimpinguavo con le noccioline del bar del locale…Un mese dopo Sanremo, le mie entrate non erano cambiate: soldi non ne avevo guadagnati, i contratti erano già firmati. Avevamo un bisogno disperato di denaro. Ecco perché accettai di girare il film tratto dalla canzone".
In effetti il dopo-Sanremo si rivela massacrante, a causa degli impegni presi precedentemente, e della necessità di andare incontro alle nuove richieste. Il film 'Nessuno mi può giudicare' viene girato di notte, tra continui andirivieni in macchina lungo tutta la penisola. Tanta attività rischia di portare la giovane emiliana al collasso - ma finisce per dare i suoi frutti: pochi mesi dopo la cantante vince Festivalbar e Gondola d'oro con 'Perdono', e chiude l'anno con l'entrata in classifica di 'Cento giorni'. 'Nessuno mi può giudicare' tuttavia rimane il maggiore exploit di Caterina Caselli, e se da un lato si pone come manifesto suo e dei suoi coetanei, dall'altro il suo clamoroso successo segna in modo molto marcato il suo percorso di cantante, rendendo difficili successive evoluzioni. Oggi, comunque, raccolte altre grandissime soddisfazioni come discografica, l'ex 'Casco d'oro' non è infastidita dalla preponderanza di tale brano nella sua carriera di interprete. "In fondo, anche Liza Minnelli, ovunque vada, deve cantare 'New York New York'".


L'estate del Beat

"Adesso anche in Emilia le nuove generazioni sono arrabbiate. Per esempio Sassuolo, il mio paese, è come Liverpool, la patria dei Beatles, anche se ha solo trentamila abitanti. Impazzisce per i complessi.
Ne sono nati a decine" (Caterina Caselli)


L'estate 1966 è l'estate dello stile 'beat'. I giovani italiani, mai come in passato decisi a distinguersi dalle generazioni precedenti, e desiderosi di assomigliare ai loro coetanei della "Swinging London", diventano oggetto di mille attenzioni: gli adulti si chiedono cosa trovino nei Beatles, nei Rolling Stones. Fioriscono le definizioni (per un breve periodo si afferma anche quella francese 'yè-yè', poi 'beat' prende il sopravvento), ma anche il commercio: alcuni settori, dalla moda al cinema, dall'editoria alla discografia, cominciano a rivolgersi apertamente a loro. I miti del giorno prima pensano che si tratti di una moda passeggera, come il twist. Anzi, qualcuno di loro prova ad inserirsi con dei nuovi balli dai nomi spiritosi e ammiccanti: Rita Pavone con il 'Plip', Adriano Celentano con 'Il Grab'. A giugno Milano, che dieci anni prima aveva fatto la stessa cosa per gli appassionati di rock'n'roll, ospita al Palalido il Primo Raduno Internazionale della Musica Beat. Ospiti: Equipe 84, Camaleonti, Dik Dik, Rokes, gli Hollies di Graham Nash, e naturalmente Caterina Caselli. Nell'occasione il presentatore, Gianni Boncompagni, disse: "Un anno fa, quando dicevo che l'estate 1966 sarebbe stata l'estate beat, tutti mi ridevano dietro. C'è ancora qualcuno che insiste sul fatto della moda passeggera... Dopo l'estate tireremo le somme". Proprio quell'estate, al Cantagiro, i Nomadi hanno un grande successo con un brano che sembra rilanciare il grido lanciato dalla Caselli a Sanremo: 'Come potete giudicar'. Invitata a spiegare cosa agita i suoi coetanei, la cantante commenta: "I giovani d'oggi assumono atteggiamenti sconcertanti, si vestono e si pettinano in maniera stravagante, eccentrica. Ma in fondo la loro mentalità è la stessa dei giovani di ieri". Durante l'estate tuttavia la cantante emblema del beat italiano deluse alcuni fans a causa del brano 'Perdono'. "Con 'Nessuno mi può giudicare' avevo evidentemente creato delle aspettative. L'aria di '68 non era ancora cominciata, ma la mia canzone, per il titolo soprattutto, era stata percepita come momento di contestazione. Questo anche perché era stata cantata al Festival, ed era giunta dietro a un brano di Modugno che decisamente non era avanti quanto 'Volare'. Con 'Perdono' qualcuno si sentì un po' tradito perché avevo cambiato atteggiamento: ero passata da contestatrice a conciliatrice".


Nascita della canzone

Il brano nacque su un'idea di Luciano Beretta, autore di tanti altri successi di Celentano. Partendo da una frase musicale cui molti hanno individuato una parentela melodica nella canzone napoletana 'Fenesta ca lucive', realizzò un pezzo che pareva inserirsi nel filone "retrò" con cui Celentano aveva sfondato anche presso gli adulti ('Grazie, prego, scusi' o 'Il tangaccio'). Interessante la testimonianza resa nel 1970 da Gianni Ravera, storico organizzatore di più di una edizione di Sanremo, al settimanale Oggi.

"Telefonai a Milano a Carisch per chiedergli di Caterina Caselli, ma mi disse che da quella ragazza non c'era da ricavare nulla. Allora le promisi che mi sarei interessato ancora a lei, e qualche mese dopo riuscii a farla scritturare per l'inaugurazione del Piper. Lì ebbe molto successo: il pubblico beat la pensava come me. (…) Avevo quasi dimenticato la sua esistenza quando una sera andai a sentire dei provini in casa di Adriano Celentano. Era la vigilia del Festival. Dopo due ore di ascolto di motivi più o meno buoni, mentre stavo per andarmene, Celentano mi trattenne. 'Abbia pazienza: adesso vengono le canzoni più belle. Le tengo in cassaforte per paura di smarrire lo spartito. Non sono ancora incise su nastro: dovrò fargliele ascoltare suonando la chitarra'. Aprì la cassaforte, tirò fuori le canzoni e cominciò a canticchiare. Si trattava di 'Il ragazzo della via Gluck' e 'Nessuno mi può giudicare'. Tutti e due stupendi: un po' più difficile la prima: poteva essere interpretata solamente da Adriano Celentano. La seconda sembrava fatta su misura per la voce della ragazza di Sassuolo".

La cantante ricorda: "Quando mi presentarono lo spartito la prima volta, mi parve troppo lenta. Dissi: 'Ma questo è un tango, un lento. Mi si adatta? A me non pare'. Intervenne Ivo Callegari, il mio pianista, e mi promise che avrebbe cambiato il tempo, trasformandola in un motivo beat. Solo dopo la sua formale promessa mi lasciai convincere a cantarla. Col nuovo arrangiamento, cambiò completamente e cominciammo a crederci. Per vedere cosa succedeva, provai la canzone in un famoso locale di Bologna, lo Junior Club. Un successone, i ragazzi impazzirono. La guardarobiera mi disse: 'Caterina, vai a Sanremo, avrai successo'. Ma devo dire che compresi la forza persuasiva, la presa sul pubblico che ha questa canzone solamente la sera della finalissima sanremese…"


Caselli, basso e capelli

Nel 1966, si fa un gran parlare dei "capelloni".

I capelli lunghi diventano il segno più eclatante del desiderio, da parte della nuova generazione, di distinguersi da quella vecchia. E' rimasta leggendaria la frase con cui Mike Bongiorno chiamò sul palco gli Yardbirds, gruppo del grande chitarrista Jeff Beck, dalle cui fila passarono Jimmy Page ed Eric Clapton: "Sentiamo un po' cosa ci cantano questi capelloni, questi gallinacci".

Un taglio di capelli faceva la differenza: in tale contesto, il look con cui Caterina Caselli propose 'Nessuno mi può giudicare' fece epoca. "All'epoca avevo i capelli lunghi, del mio colore, castano. Al Cantagiro avevo provato a portare una parrucca con i capelli lunghissimi - ma non mi stava in testa, e quando c'era vento, la perdevo".
Il problema del look era sentito anche dalla casa discografica. Gianni Ravera ricordava: "La CGD per accentuare la modernità del suo personaggio l'aveva fatta esordire al Cantagiro vestita da astronauta. Un autentico disastro".
"Franco Crepax, direttore artistico della CGD, mi mandò nel salone dei Vergottini, dove andava la moglie. Cele Vergottini e i fratelli avevano questa pratica: ti vedevano e ti dicevano: 'Ma come fai ad andare in giro così, vergognati'. Poi mi dissero: 'Lei starebbe meglio in biondo'. Mi fecero una decolorazione - all'epoca faceva un male pazzesco, bruciava la pelle. Il primo commento che feci guardandomi allo specchio fu: 'mi sembra di essere un ufficiale tedesco'... Col mio nuovo caschetto biondo entrai in Galleria del Corso a Milano, dove incontrai Gianni Ravera. Mi conosceva bene, ma non mi riconobbe".

Quella sera cantai all'Intra's Club e Corrado Corradi, giornalista di TV Sorrisi e Canzoni, mi definì Casco d'Oro. Scoprii che il taglio piaceva un po' a tutti. Io ero un po' titubante: mi induriva moltissimo come tutti i tagli netti di capelli. Ma allora non era importante la bellezza, era importante colpire il pubblico. Il giorno dopo, in qualsiasi posto andassi, la gente mi riconosceva per strada, mi chiamava per nome. Non mi sembrava vero. E dicevo: ma come è possibile?"

Evidentemente, c'era tutto: non solo la canzone giusta, ma anche il giusto look, come testimonia un'intervista a Bolero del 1966: "Dopo Sanremo ho ricevuto tante proposte di contratto, tante lettere. Gente che mi scrive brava, gente che mi chiede persino dei soldi - ma soprattutto gente che mi domanda della mia pettinatura. Decine e decine di ragazzine mi hanno fatto sapere che si faranno tagliare i capelli come i miei. E altre mi hanno chiesto se porto la parrucca".

Al di là della chioma, un altro elemento rivoluzionario nell'immagine di Caterina Caselli era rappresentato dal basso elettrico Fender, da lei sfoggiato fin dal 1965. "Il basso mi è sempre piaciuto. Poi era necessario: un po' perché io non riuscivo a star ferma e cantare, mi dovevo dar da fare - poi, avevo capito che per essere utile in un quartetto che suonava nei locali bisognava fare qualcosa di più che cantare e suonare il tamburello. Mi dicevo: se riesco ad essere qualcosa di più che una semplice cantante, magari ho più possibilità di essere ingaggiata… Quando si trattò di incidere il brano dei Them, 'Baby please don't go', avevo ormai una tecnica spaventosa. In sala di incisione c'era un bassista 16enne alle prime armi, e il brano era veramente difficile, per cui finii per suonarlo io… Oggi le ragazze sono padrone della loro musica, sanno suonare - ma ai miei tempi era rarissimo. Io suonavo il basso e il vibrafono, conoscevo la musica, caricavo gli strumenti sul pullman, ero una del gruppo. In Emilia fu tutto piuttosto facile: c'era la tradizione delle balere, c'erano molti gruppi che suonavano nei locali. Ma il resto d'Italia era un altro mondo. Quando andai per la prima volta a suonare al Capriccio di Roma, non capivano perché non mi spogliassi. Non si aspettavano che una ragazza facesse la musicista e non la 'vedette'".

Un altro elemento nel suo modo di presentarsi che finì per colpire l'immaginazione degli spettatori di Sanremo '66 fu il frenetico movimento delle mani della cantante. Leggenda vuole che i gesti della cantante fossero ispirati dallo stile con cui la nonna mungeva le mucche. "Possibile che nessuno mi dicesse di stare un po' più ferma e quieta? Questa è la prima cosa che mi viene in mente rivedendomi, mi muovevo troppo, agitavo le mani come una pazza. Però, riflettendo, mi rendo conto che ero giusta nel tempo, esprimevo la vitalità di allora, dell'Italia spensierata del boom. Come tanti giovani, sentivo il fascino della cultura angloamericana, la minigonna, gli atteggiamenti spregiudicati. Nessuno ci crede, ma ero - e sono - molto timida. Salivo sul palco e il rapporto di comunicazione intensa che si creava con il pubblico dei ragazzi era così forte che faceva sparire ogni timidezza. La trasgressione era nell'abbigliamento, nei modi scatenati. Mia madre mi contestava, avevamo belle risse, ma io sapevo che se qui ero fuori dagli schemi, a Londra tanti giovani erano come me, e poi sapevo che non facevo niente di male". (da "La Repubblica", 1998)


Teo Teocoli: "Adriano mi disse: non cantarla..."

Teo Teocoli aveva conosciuto Celentano nel 1958. "Avevo 13 anni, lui quasi 20, ed io che ero un suo grande fan lo aspettavo sotto casa in Via Gluck e ricordo che quando lo vedevo arrivare con la sua 'Giulietta' azzurra mi veniva l'agitazione. La prima volta che sono riuscito ad incontrarlo, proprio faccia a faccia, siamo subito diventati amici; vedendomi ricordo che mi disse: 'Uè, ma questo qui è uno specchio' perché io mi atteggiavo molto ad Adriano, pur essendo un ragazzino. Lui era contento di avere già degli imitatori, e mi disse: 'Senti, vieni su a casa'; così mi portò in casa sua dove c'era mamma Giuditta alla quale disse: 'Mamma, guarda come mi assomiglia'. Ero felice, mi bastava stare al Clan, e quando non c'era niente da fare per guadagnare qualcosa facevo anche il magazziniere. Qualche anno dopo iniziai come cantante con i complessini 'beat' che uscivano all'epoca, però cantavo lo stesso le canzoni di Adriano. Sono riuscito anche a far parte di gruppi importanti: come precario nei Camaleonti sostituendo Ricky Maiocchi come cantante, poi nei Quelli, con cui ho fatto due anni stupendi, incidendo 'La bambolina che fa no no no'. Poi ho inciso alcuni dischi con il Clan, oggi introvabili, tipo 'Le vitamine', pezzi che più che altro mi scriveva Gino Santercole sapendo che io facevo cabaret e l'idea era quella di fare dei dischi spiritosi. Poi ho fatto il musical 'Hair' in teatro, ricordo che alla fine dello spettacolo dato che mi spogliavo nudo Adriano mi disse: 'Ueila, ma cos'è che hai fatto' ed io gli dissi: 'Ma no, guarda non è così, e poi ci sono gli effetti delle luci' e lui ancora scherzando mi diceva che queste cose non si fanno…

"Adriano aveva già inciso 'Nessuno mi può giudicare', ma non gli piaceva. Ricordo che Micky Del Prete mi disse: 'Fallo tu 'sto pezzo, che è adatto anche a te che balli bene e poi sai muoverti'. Ed allora provai ad inciderlo e mentre riprovavamo a farlo un po' meglio - come di tradizione, alle tre di notte - arrivò Adriano che fece: 'Ma cosa fai, 'sto pezzo qui! Ma te sei matto, questo qui se era un bel pezzo lo facevo io; l'ho fatto ma non è bello, non farlo neanche te, ne scegliamo insieme uno più bello'. Lo interruppe Micky: 'Ma dai, guarda che Teo l'ha fatto bene', ma lui disse: 'No, no, nel Clan dobbiamo essere compatti'. E così dopo una settimana lo incise Caterina Caselli, con gli esiti che sappiamo tutti…" (brani tratti da interviste a "Repubblica" e alla fanzine "Il Celebre")
Celentano ha recentemente fatto 'penitenza' pubblicando il suo provino di 'Nessuno mi può giudicare' in una raccolta. Teocoli ha invece smesso di cantare - se non per incidere dischi comico-musicali (ad esempio, "Gira la palla", nei panni di Felice Caccamo). "Alla fine, come cantante ero penalizzato dalla troppa somiglianza con Adriano, così pensai che la carriera musicale era impossibile. Avendo conosciuto Cochi & Renato ed Enzo Jannacci decisi di cambiare strada optando per il cabaret".


Il film

La canzone ispirò anche un film di Ettore Fizzarotti (regista anche del successivo 'Perdono'), interpretato dalla cantante a fianco di Gino Bramieri e Laura Efrikian. "Non sono tagliata per fare l'attrice. Io sono una cantante, esclusivamente una cantante. Faccio questo film solo perché mi serve a realizzare dei soldi. E ne accetterò degli altri solo se il primo avrà successo e farà cassetta. (…) Ho fatto il film 'Nessuno mi può giudicare' perché così mi è stato consigliato. Ho voluto provare anch'io questa esperienza. Non è un film impegnato: è un film leggero che però a quanto so sta incassando piuttosto bene. Forse farò altri film, magari non più di genere musicale", dice apertamente la Caselli in un'intervista del 1966.
La trama del film è esile e funzionale, come sempre nei 'musicarelli': Caterina e Laura (Efrikian) sono commesse ai grandi magazzini. La prima capisce che potrebbe portare via l'innamorato all'amica - ma per amicizia, rinuncia, e viene premiata dal successo come cantante. "Quando le canzoni avevano un grande successo, ci si costruivano sopra dei film. C'erano due produttori, uno romano e uno napoletano, Bonotti e Carboni. E di solito tra gli attori c'era Laura Efrikian... Un musicarello costava un'ottantina di milioni e al botteghino riusciva poi ad incassare anche più di un miliardo. Per fare il film presi tre milioni e mezzo, una cifra enorme, all'epoca: lo feci di notte. Anziché provare per il Capriccio facevo il film".


Interpreti

Caterina Caselli

Nata a Magreta (Modena) nel 1946, dopo essersi "fatta le ossa" in locali quali il Capriccio e il Piper di Roma come cantante e bassista, nel 1966 diventa l'esponente di maggiore successo del beat italiano grazie a "Nessuno mi può giudicare", presentata al Festival di Sanremo. Per diversi mesi il brano domina letteralmente le classifiche di vendita, tanto che al confronto i singoli successivi ("Perdono", "Cento giorni", "Sono bugiarda", "Il volto della vita", "Insieme a te non ci sto più") sembrano avere un impatto minore - anche quando, come 'Perdono', vincono il Festivalbar. Negli anni successivi tenta di uscire dall'immagine del "casco d'oro" beat, interpretando brani d'autore.
Negli anni '70 la sua attività di cantante si dirada, e dopo il ritorno a Sanremo nel 1990 con "Bisognerebbe non pensare più a te", si dedica a tempo pieno all'attività di discografica per l'etichetta Sugar: tra i nomi da lei lanciati negli ultimi dieci anni ci sono Paolo Vallesi, Gerardina Trovato, Francesco Baccini, Andrea Bocelli, Avion Travel, Elisa.


Gene Pitney

Nato nel 1941 a Hartford, nel Connecticut, autore ed interprete caratterizzato da una voce tendente al melodrammatico, si impose come idolo adolescenziale con 'Town without pity' (1961). Fino al 1965 fu uno dei dominatori delle hit parade americane e inglesi ('Only love can break a heart', 'I'm gonna be strong', 'It hurts to be in love', 'Twenty four hours from Tulsa'). A metà decennio gli Usa cominciarono a voltargli le spalle, e intensificò la sua presenza nel vecchio continente, registrando spesso anche in spagnolo e in italiano ('Quando vedrai la mia ragazza'). Nel 1968 ebbe il suo ultimo successo significativo, 'She's a heartbreaker'. Nel 1989 tornò al n.1 nel Regno Unito
grazie ai Pet Shop Boys, con i quali duettò nel suo vecchio successo 'Something's gotten hold of my heart'.


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